Un piccolo pezzo, scritto come esercizio nei Parolanti (#parolaregina: qualità). Dovrebbe far pensare.
“Sai che ti dico, amico mio?”
L’uomo anziano gettò sul tavolo il fascio di fogli ingraffettati, vi posò i gomiti e portò le mani al viso. L’altro, di una ventina d’anni più giovane, stava in punta di sedia in attesa delle parole successive.
“Questo tuo racconto manca di qualità, ecco che c’è.”
Il secondo uomo arretrò sulla seduta e si appoggiò con la schiena. Improvvisamente tutta la tensione si era dissolta, lasciando il posto a un ineffabile desiderio di stabilità. La sua mente, fino a un attimo prima deserta, iniziò a lavorare a ritmo forsennato. Teneva troppo alla stima del suo mentore per lasciarsi liquidare così. Sapeva di essere in grado di scrivere un buon racconto e in quello aveva messo tutto se stesso. Era un buon testo. Forse doveva solo convincerne l’altro.
“Io non credo…” disse.
L’anziano fece trasparire un sorriso fra le mani giunte.
“Cosa non credi?”
“Non credo che sia brutto.”
“Non ho detto questo” rispose l’altro senza mutare posa o espressione “ho detto che è senza qualità.”
La sedia sembrava essersi arroventata mentre l’autore ci aggiustava sopra le terga.
“Certo si possono migliorare alcuni aspetti. Se lei volesse aiutarmi, sono sicuro che forse…”
“No.”
Il monosillabo, pronunciato con gelida calma, spezzò il goffo farfugliare dell’uomo.
“Dunque è tutto qui?” riprese a voce alta scattando dalla sedia “Mesi passati a limare il singolo aggettivo, a stemperare quel passaggio di cui abbiamo discusso, a caricare le tinte della scena madre, le mail che ci siamo scambiati sull’uno e sull’altro termine… sarebbe stato tutto inutile?”
L’anziano, per nulla intimorito, si limitò a separare le mani in segno di resa.
“È tutto finito dunque? Io sono finito. Credevo di fare progressi e invece ho solo corso come un criceto nella ruota. Perché mi ha spronato? Perché ha continuato a darmi bado? Sono un buono a nulla, poteva dirmelo prima senza lasciarmi illudere di saper fare qualcosa in cui sono negato. Perché lo ha fatto?”
“Siediti” disse l’anziano.
L’autore obbedì istintivamente al tono che non ammetteva repliche.
“Vedi” riprese il mentore “tutte le tue risposte ai miei suggerimenti avevano un unico scopo: difendere la tua opera e ideare trucchi e giri di parole per soddisfare le mie richieste senza modificare troppo il filo del racconto. Sei stato bravo, alcune soluzioni che hai escogitato si possono dire brillanti, ma apportandole hai snaturato la storia. Ti faccio un esempio: immagina di essere un ceramista. Hai l’argilla sul tornio e abbozzi il vaso. Poi passa il tuo maestro e ti dice di mettere il manico più in alto. Tu recrimini, ti arrabbi, ti disperi, quindi vieni a più miti consigli e decidi di seguire il suggerimento. Bagni l’argilla, togli il manico, lo aggiusti un po’ e lo riapplichi come richiesto. Finita l’opera l’aggiunta si vede, e stona, ma tu la bagni e la ribagni nella vana speranza che non si veda.”
“Quindi non avrei dovuto ascoltarvi?”
L’anziano si lasciò andare a una breve risata.
“No, amico mio. Avresti dovuto ascoltarmi meglio. Avresti dovuto gettare il pezzo di argilla e ricominciare da capo con uno nuovo. Avresti dovuto sacrificare il tuo lavoro perché non è che un pezzo di fango. Non è la tua anima, è solo terra, sono solo segnetti neri sulla carta. Hai commesso l’errore di ogni principiante: hai amato la tua opera, e lei ti ha ricambiato da par suo, dannandoti.”