di Don Winslow
Chiusa l’ultima pagina la sensazione è di grande soddisfazione, come quando si posa il tovagliolo di fianco al piatto dopo un’ottima cena. Bel romanzo, bel protagonista, bella storia. Per quanto le vicende di Cosa Nostra mi siano da tempo venute a noia, “L’inverno di Frankie Machine” si discosta abbastanza dai classici e abusati stilemi. Si comincia seguendo le abitudini del protagonista durante una normale giornata di lavoro e, arrivati a sera, manco si sa che è o era un mafioso, ma si è già in grande empatia con lui. La vicenda poi prende vita e interesse, vi sono numerosi flashback che spiegano i fatti che portano alla situazione finale. Winslow passa con maestria dal presente in prima persona alla seconda, o al passato, porta il punto di vista dal narratore onnisciente ai pensieri del personaggio e poi di nuovo fuori come gli pare, ma mantiene una grande coerenza che non fa mai percepire una stonatura. Qualche luogo comune scappa, ma non disturba, e l’insieme è altamente godibile, con un finale dovuto, doloroso, alla fin fine anche premiante.
A sessantadue anni, Frank Machianno, alias Frankie Machine, è un tranquillo uomo d’affari, ancora nel pieno delle sue forze: proprietario di un negozio di esche sul molo di San Diego, agente immobiliare, rifornitore di pesce e tovaglie per ristoranti. Con una figlia da mantenere all’università, una ex moglie cui pagare gli assegni, una fidanzata, giovane e bella, che ama divertirsi. E un amico poliziotto cui ha salvato la vita ma che sa tutto del suo passato, della sua lunga militanza in Cosa Nostra. Quando i suoi antichi “datori di lavoro” si fanno vivi e gli chiedono di intervenire come mediatore in una lite tra famiglie, Frank non può rifiutare. Anche se ciò significa precipitare di nuovo nel mondo della mafia. Per sopravvivere, a Frank Machianno non resta che tornare a essere il terribile Frankie Machine; e nel frattempo cercare nel suo passato, per scoprire chi, tra i suoi vecchi “amici”, è così ansioso di vederlo morto.