Todo modo

di Leonardo Sciascia


Come commentare un capolavoro di un grande? Non essendo un fine erudito vado a sensazioni. All’inizio stranisce per un incipit filosofico che costringe a pensare: ‘nessun redattore accetterebbe mai questo’, ma lui può, anche perché cita e ricita Pirandello.

Segue una narrazione più piana, ma sempre condita di erudizione filosofica e parole ricercate che si fa particolarmente gustosa in una serie di dialoghi provocatori.

Poi arriva il piatto forte: era il 1974 e Tonino Di Pietro si era appena iscritto a giurisprudenza, ma il malaffare democristiano era già evoluto nella sua forma più raffinata e con altrettanta raffinatezza l’Autore ne accenna con occhio cinico e disincantato.

Politici, porporati, donnine facili, tutti appesi ai fili del grande Don Gaetano, il prete gestore del resort in cui i potenti si riuniscono per fare degli ‘esercizi spirituali’ sotto lo sguardo benevolente della chiesa (in questa coso mi si conceda il minuscolo). Gustosissimo il rosario recitato marciando in formazione e imperdibili le supercazzole filosofico-religiose con cui Don Gaetano stende chiunque gli si ponga davanti.

Il giallo… ah, sì, è anche un giallo in cui l’elemento poliziesco finisce per essere irrilevante rispetto alla descrizione del commissario e del magistrato, figure che completano l’affresco sociale.

Capolavoro!


Se dovessimo indicare una forma romanzesca capace di rivelare come si compone e come si manifesta quell’impasto vischioso del potere che la politica italiana ha avuto per lunghi anni il funesto privilegio di produrre, basterebbe rimandare alle asciutte pagine di “Todo modo”, alla scansione crudele dei suoi episodi, che solcano come una traccia fosforescente una materia informe, torbida e sinistra. Non meraviglia dunque che questo libro, pubblicato nel 1974, possa essere letto come una guida alla storia italiana dei decenni successivi.

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